Eccomi di nuovo per terminare il reportage dell'incontro di lunedì, nella libreria Equilibri.
Ho intitolato l'articolo Typesetter's day perchè, in effetti, la persona che è stata il centro dell'attenzione da parte delle "caratesi" è sicuramente lei.
Devo dire, ad onor del vero, c'è stata una critica, una sola, mossa da Lina, che è di natura molto pratica, ed è il "bastian contrario" delle situazioni, in senso buono, naturalmente, il nostro santommaso.
Si discuteva sul fatto se è meglio "la pratica della grammatica". Silvia è nata come knitter autodidatta, ha imparato molto su internet, leggendo.
Lina è convinta che valga più una buona esperienza di tante cose lette (e dire che anche lei legge molto).
Riportava l'esempio di sua mamma, la zia Maria, quella che sapeva fare
calzini ed il risotto giallo più buono che abbia mai mangiato, che ha
imparato per necessità a fare la maglia, con due bimbi da vestire,
mentre lo zio era deportato in Germania.
Praticamente da
autodidatta, come tutorial la madre o chi per lei, se non il cortile.
Ecco, il cortile era un mondo a sè stante, una enclave, dove però entravano tante realtà diverse, di quotidianità, di modi di eseguire i lavori, dove si trovavano risposte differenti a problemi di vita e di lavoro.
Il tutto paragonabile ad un blog attuale. Però in una forma di comunicazione "reale", immediata. Meditata, magari, come succede a chi scrive qui.
Per tornare all'antico quesito, se è meglio "la pratica della grammatica", secondo me, come in tutte le cose c'è l'aurea mediocritas di oraziana memoria, la giusta via di mezzo, nè troppo tecnicismo, nè troppa improvvisazione.
Lina è rimasta del suo parere, ma lei è così, meglio la pratica.
Un altro problema che ho sollevato e che ho affrontato con Silvia è la (mia) difficoltà di interpretazione dei patterns in lingua inglese (devo dire che a Psicologia ho preso 28 in inglese scientifico, nonostante fosse una lingua che non avevo mai studiato, e nonostante si
dovesse rispondere (in italiano, ecco perchè il 28!) a quesiti in inglese riguardanti il comportamento condizionato di una povera scimmietta chiusa in gabbia con un elettrodo impiantato nel cervello.
Già l'inglese mi stava ostico, figuriamoci poi, per un'animalista come me, studiarlo, vedendo quelle figure!).
Ritornando a noi... Non so e non voglio sapere l'inglese, conosco il francese, il greco antico ed il latino (ma che me ne faccio, di questi due sarcofagi, nel mondo della maglia, se non ricercare manoscritti che parlano di tale "hobby" a quei tempi...), quindi Typesetter mi ha dato indicazioni per il mondo del knitting in francese (anzi, Silvia,ricordameli, grazie!).
Altro problema. Modelli da far scaricare dal sito. Quelli che domandate continuamente. Silvia mi ha consigliato di chiedere il permesso di pubblicazione di alcuni modelli a chi di dovere, cioè a chi li edita, per evitare grane di copyright.
Altra questione affrontata, la nascita di questi luoghi d'incontro dove sferruzzare. Silvia faceva notare che in una città, come ad esmpio MIlano, chi fa la maglia di solito, è chiusa nella sua casa, da sola.
Carmela giustamente ha osservato che ad Unfilodi, la situazione è differente. Da noi ogni giorno ci si ritrova a lavorare in compagnia. Ma noi siamo una realtà privilegiata. Non facciamo testo. La solitudine è dilagante, nelle città.
Beh, il pomeriggio è stato fruttuoso, è passato allegramente, il livello di decibel sopportabile, a detta di mio figlio, che si è messo a leggere un libro, mentre nel mio spazio quotidiano raggiunge soglie da inquinamento acustico...
Etta ha iniziato a fare i calzini, ma non avevo il gioco di ferri n° 3 (la paura di non aver portato tutto l'occorrente, fa dimenticare ciò che occorre), e col gioco di ferri n°5 il lavoro veniva una schifezza. Riproverà coi ferri giusti. Grazia ha chiesto informazioni sui corsi, e sabato, probabilmente, inizia quello con Carmela, che si è portata a casa la fotocopia dei calzini gentilmente tradotta dall'inglese da Silvia. Vediamo se me li fa.
Raffa entusiasta, ma lei non fa testo, è facilmente entusiasmabile per gli avvenimenti
culturali, e così lo voglio definire, il nostro incontro.
Fabiana mi ha telefonato, dopo poco tempo, mentre ero ancora in macchina, anche lei contenta, come Marina, e mi ha chiesto come mi era parso l'incontro, perchè ne vogliono organizzare altri. Bello, interessante. Ma ero proprio distrutta, la sera, per parlarne.
Ecco, ne ho parlato ora, e metto la riflessione che ho fatto a caldo, la notte seguente, troppo stanca per dormire. La troverete in Percorso.
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