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Un filo di lana colorata [Corsera] PDF Stampa E-mail
Maglia Stampata
Scritto da Maria Luisa   
domenica 15 ottobre 2006
stampa_corseraC'è un filo di lana colorata che intreccia i ricordi
di Sandro Veronesi
Corriere della Sera - 25.09.06

" Dice che quando s'invecchia davvero, ed il cervello comincia a partire, ci si ricorda benissimo delle cose remote e ci si scorda di quello che è successo due ore prima. Mia nonna, che ha vissuto fino a cent'anni, negli ultimi tempi faceva così: rievocava fatti e persone risalenti alla sua infanzia e non ricordava quel che gli era appena stato detto; e la stessa cosa ho sentito dire di parecchi altri, quando sono diventati veramente vecchi... "

Be', io ci farei la firma. Prima di tutto significherebbe arrivare a un'età che, realisticamente parlando, non mi sono mai sognato di raggiungere; e poi, siccome ho avuto un'infanzia felice, vorrebbe dire che i miei giorni andrebbero a finire direttamente là, nel cuore tenero e protettivo nel quale sono cominciati.
E tra le immagini che si staglierebbero nella mia mente opaca, mentre magari fatico a riconoscere un figlio che è venuto a trovarmi, ci sarebbero senz'altro la coperta patchwork del letto dei miei genitori e la giacca di lana di mio padre di quando avevo sei anni: perché le ho viste sorgere entrambe, tra le dita svelte di mia madre che le ha fatte, una all'uncinetto e una con i ferri da calza.
Era brava, mia madre. Era giovane, era bella, e lavorava a maglia. Forse non era proprio un'esperta, e infatti ricordo che ogni tanto telefonava a qualcuno per chieder consigli; ma le cose le venivano bene, e noi le usavamo, e quella coperta, e quella giacca, sono senza alcun dubbio due tra le cose che ho più guardato, anzi, che ho più ammirato in vita mia. Innanzitutto, le ho ammirate mentre lei le faceva. Oh, non chiedetemi il nome di quei punti, né come, esattamente, si faccia per farli; ma ho ancora davanti agli occhi l'esatto movimento delle mani di mia madre che lavora spedita, e la mia mente sarebbe in grado di riprodurlo alla perfezione.
Si tratta in realtà di due movimenti molto diversi, come è logico, quello dell'uncinetto e quello dei ferri: ma egualmente pieni di grazia e produttività, con l'arpeggio delle dita a separare i fili, o unirli quando era il momento, mentre l'ipnotica ripetitività del gesto riempiva il mio cuore di tranquillità. L'uncinetto era grosso -da lana, per l'appunto-, di un metallo leggero e dolce, o forse era una lega, e il gancio pescava il filo del colore giusto grazie a dei tuffi brevi e ritmati verso il gomitolo. Poiché la coperta -che mia madre aveva già tutta intera nella sua testa- era composta di tanti quadrati di lana colorata cuciti insieme, vederla lavorare era un passatempo ricco di soddisfazioni, una ogni volta che ogni quadrato veniva completato.
Tanti inizi, tante fini, e il risultato che prendeva forma gradualmente. Il lavoro a maglia per la giacca di mio padre, invece, mantiene nella mia memoria i contorni di un'impresa prodigiosa. Il filo di lana beige che s'intreccia sulla punta dei ferri (azzurri, li ricordo), il mignolo alzato che ciclicamente, di colpo, si abbassa, per poi rialzarsi subito dopo, e l'ordito che si accumula lungo il ferro di sinistra, e scende, millimetro dopo millimetro, giorno dopo giorno, come una bandiera che si srotola lentissimamente, senza mai dare l'impressione, però, di produrre a qualcosa che assomigli a una giacca.
E invece, alla fine, mesi dopo -o forse erano solo settimane, ma a me sembravano più che altro anni- con l'assemblaggio dei vari pezzi, il davanti, il dietro, le maniche, ecco la giacca finita, che mio padre si prova davanti allo specchio, e che indosserà ogni inverno, da lì in poi, quando starà in casa - che ancora oggi indossa. Un prodigio, come ho detto, di abilità, di amore e di pazienza.
Mia madre ha fatto tante altre cose, all'uncinetto e ai ferri: centrotavola, tendine, berretti, sciarpe, pullover; ma forse tutta questa roba, quando avrò cent'anni, l'avrò dimenticata.
Non fa niente. Per essere sereno il giorno della mia morte mi basterà ricordare quella coperta e quella giacca, e il gesto delle mani con il quale mia madre le ha prodotte: e questo, come ho detto, non lo scorderò di sicuro.


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